Il sistema Emission Trading (ETS) è da ristrutturare

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Il ruolo del sistema di Trading delle emissioni dell’UE (ETS) nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica sembra essere minato, secondo le recenti osservazioni. Non solo infatti la crisi economica, ma anche l’impatto delle normativa dell’UE in materia di energie rinnovabili e l’efficienza energetica, hanno concorso alla del prezzo delle unità di quote di emissione. Tale fatto è primariamente connesso alla riduzione delle emissioni, dovuta in larga misura al rallentamento dell’attività industriale in Europa. La differenza infatti tra le emissioni previste dal sistema ETS, quando il tetto è stato fissato, era intorno alle 200 Mt di anidride carbonica all’anno. Dal momento che le quote non raggiunte possono essere tradotte da un anno all’altro, il surplus si accumula nel tempo. Ora il surplus generato potrebbe raggiungere le 1,2 Gt di anidride carbonica entro la fine del 2020, questo squilibrio del mercato si riflette nell’evoluzione dei prezzi: a partire da € 15/t all’inizio del 2011 siamo arrivati a circa € 6/t nella la scorsa primavera. Quando il pacchetto energia-clima “20x20x20″ è stato adottato nel 2008, il fondamento su cui lo sviluppo delle energie rinnovabili e gli obiettivi di efficienza energetica avrebbero permesso di raggiungere l’obiettivo di tutela nei confronti dei cambiamenti climatici, non aveva tenuto conto della possibile incidenza negativa dell’andamento delle emissioni totali in termini di consumo di energia primaria. Per sviluppare le energie rinnovabili, infatti, gli Stati membri tendono ad utilizzare sovvenzioni, spesso indispensabili per implementare le tecnologie delle FER, e con l’adozione della nuova direttiva a sostegno delle politiche di efficienza energetica (necessarie perché portano vantaggi da tutti i punti di vista) impongono di fatto degli interventi di efficientamento e tutto questo tende a ridurre sempre più il prezzo dei titoli e in particolare gli incentivi economici per ridurre ulteriormente le emissioni a breve termine. Vi è quindi la necessità di riflettere su come migliorare il coordinamento di queste politiche per mantenere il prezzo delle unità di emissione uno stimolo per continuare ad essere un efficace volano di sviluppo. Sarebbe necessario garantire un prezzo più stabile e credibile nel lungo termine, per promuovere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. In un sistema di scambio di emissioni, il modo per ottenere un prezzo credibile e stabile, è quella di avere obiettivi di riduzione molto ambiziosi, il che non è affatto un argomento improponibile da mettere sul tavolo. La recente proposta della Commissione per la revoca temporanea di 400 rispetto alle 1.200 Mt di aidride carbonica al tetto raggiunto è un primo passo. Questa decisione darebbe agli operatori di mercato un segnale di fiducia nel sistema e permetterebbe di guadagnare un po’ di tempo in attesa della definizione dei programmi a dopo il 2020. Avrebbe inoltre certamente, a breve termine, l’effetto di innalzare il prezzo dei titoli, ma senza garanzie su come potrebbe tradursi in benefici realmente positivi per il sistema, date le difficoltà degli stati membri di concordare obiettivi comuni. Al di là insomma di questa misura a breve termine, la Commissione dovrebbe presentare proposte di riforma strutturale del sistema ETS, considerando l’impatto di tutte le politiche che concorrono a influenzare fortemente il livello di emissioni (cambiamento dell’attività economica, gli shock tecnologici, ecc.). Un prezzo basso dei totoli significa anche una perdita di risorse per finanziare la transizione energetica e per i bilanci degli Stati membri, ognuno dei quali comincierà a raccogliere i ricavi sulle aste a partire dall’anno prossimo.

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