Rapporto sul consumo di biomasse per usi termici

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Assogasliquidi (Federchimica) e Nomisma energia hanno recentemente pubblicato uno studio sull’analisi degli effetti economici ed ambientali del forte sostegno all’impiego delle biomasse nel riscaldamento in Italia. I consumi delle biomasse, in particolare per usi termici, hanno avuto un sensibile aumento nel corso degli ultimi anni e sono destinati a crescere ulteriormente, rendendo superflue se non dannose eventuali forme di incentivazione ulteriori a quello che già di per sè è un’incentivo: i prezzi delle biomasse sono circa un quindo di quelli delle fonti tradizionali. Infatti, queste non risentono del peso degli aggravi fiscali (sono tassati solo con IVA) e hanno dei prezzi nettamente più bassi in termini di materia prima. Il primo gennaio 2013 sono entrate in vigore le nuove tariffe del gas con un aumento dell’1,7% dovuto per circa un terzo ai nuovi incentivi che verranno destinati anche al sostegno delle biomasse per usi termici. I consumi di biomassa per usi termici potrebbero aver superato nel 2012 le 16 milioni di tonnellate, senza considerare che molti volumi di legna sono consumati spesso al di fuori dei canali commerciali. Il rapporto si focalizza sulle conseguenze in termini di inquinamento ambientale di questo forte incremento dell’uso delle biomasse nel riscaldamento, lamentando che di danni conseguenti alle maggiori emissioni di inquinanti tossici possano azzerare e addirittura essere superiori ai benefici ipotizzati in termini di riduzione dell’anidride carbonica evitata. Inoltre si aggiungerebbero a questo anche i rischi derivanti da un impiego non corretto dei dispositivi, come stufe e caminetti, e quelli legati alla qualità della biomassa importata, che non può essere garantita in termini di contenuto di inquinanti né di origine della materia prima. Negli ultimi anni, sottolinea il rapporto, oltre ad essersi indebolito il concetto di neutralità rispetto alle emissioni di anidride carbonica delle biomasse (occorre considerare il fattore trasporto, danni alle foreste, etc.) il rischio derivante da un eccessivo uso di biomasse solide per fini energetici è quello di condizionare negativamente anche le politiche a sostegno dell’utilizzo delle stesse per obiettivi più “efficaci”, che in particolare riguarderebbero il sostegno ai biocarburanti ovvero alla filiera della chimica che utilizza come materia prima le biomasse. In effetti l’Italia si trova in una posizione per cui facilmente potrebbe rispettare per il 2020 i parametri di emissione di anidride carbonica, mentre lamenta, soprattutto in alcune aree, problemi importanti dal punto di vista ambientale per quanto riguarda la qualità dell’aria. Negli ultimi anni le statistiche evidenziano che il settore che più contribuisce al peggioramento della qualità dell’aria in Italia è quello del riscaldamento dove, nonostante i miglioramenti delle prestazioni dei dispositivi, si assiste ad un incremento delle emissioni causato prevalentemente dall’uso delle biomasse, legno, pellet e cippato. Questo accade in particolare per il particolato sottile.  Occorre ricordare che per il superamento delle soglie (l’Italia ha il più alto numero di zone con limite giornaliero di PM10, ovvero 54 su 128) la Commissione potrebbe comminare sanzioni nei prossimi anni che potrebbero arrivare fino al miliardo di Euro. Circa i Piani qualità dell’aria, è significativo il caso della Lombardia, la Regione più importante d’Italia per dimensione e per emissioni di inquinanti, peraltro in Pianura Padana, che ha adottato nel novembre 2012 un nuovo Piano Regionale degli Interventi per la Qualità dell’Aria (PRIA). In esso viene più volte evidenziato come l’uso della biomassa nel riscaldamento domestico sia la principale causa del peggioramento della qualità delle emissioni. D’altronde le biomasse hanno livelli di emissione del PM10 enormemente superiori a quelli dei combustibili tradizionali, in particolare rispetto a quelli gassosi.

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