Shale gas: aumenta la produzione in USA

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In un recente articolo apparso sul Financial Times a firma di Ed Crooks, si fa una disanima della situazione relativa al settore del gas non convenzionale che ha assunto un’importanza strategica ed economica davvero considerevole negli ultimi tempi. Questi osserva che le aree agricole dell’Ohio sono state irrorate di dollari grazie ai bonus associati alle concessioni necessarie per l’esplorazione e la trivellazione sulle terre degli agricoltori, che hanno presto investito i proventi in nuove attrezzature per la loro attività. L’Ohio orientale è diventato il cuore della regione più ricca di scisti e, negli ultimi due anni, l’industria ha aperto alla prospettiva che lo strato di roccia che si estende in tutto il nord-est del continente dal Kentucky all’ Ontario è ricco di petrolio, metano e gas liquidi naturali, come etano e propano che possono essere utilizzate come materia prima nell’industria chimica. Le aziende leader tra cui – Chesapeake Energy, Exxon Mobil e Hess – hanno tra di loro speso miliardi di dollari per acquisire così i diritti di trivellazione. La regione potrebbe contenere, proprio secondo Chesapeake, 25 miliardi di barili di petrolio e gas: quasi quanto le riserve certe intere restanti nel Mare del Nord. Molti insomma pensano che l’est dell’Ohio sia vicino a un’imminente rivoluzione. Sappiamo però che lo sfruttamento del gas da scisti è accompagnato da forti preoccupazioni ambientali e i piani per l’utilizzo di questa ricchezza sono minacciati un po’ ovunque nel mondo dall’ inquietudine pubblica sulla fratturazione idraulica, il processo utilizzato per rilasciare gas e petrolio pompando acqua e sostanze chimiche sotterranee ad alta pressione. Se l’industria dovesse provocare un qualche inquinamento grave, la reazione pubblica potrebbe mantenere tali risorse intrappolate sottoterra per sempre. E’ ovvio che è interesse stesso delle compagnie fare tutto il possibile per evitare qualsiasi tipo di danno ambientale, anche visto il forte allerta sostenuto dalle principali ONG e dall’opinione pubblica. D’altronde in un momento di crisi così spinta, l’opportunità sembra irrinunciabile anche dal punto di vista dell’occupazione diretta e indiretta (soprattutto per la produzione di tubi e infrastrutture per i pozzi). Secondo gli ultimi dati, per esempio, la società petrolifera indipendente dell’Oklahoma Devon Energy nel 2008 contava 40 impianti di perforazione nel nord del Texas, mentre oggi ne ha soltanto una decina, ma la sua produzione di gas è cresciuta considerevolmente. Più in generale le perforazioni sono diminuite del 53%, mentre la produzione è sempre in crescita. Questa divergenza è spiegata con il perfezionamento delle tecniche di fracking: mentre prima le estensioni delle perforazioni orizzontali erano dell’ordine dei 300-600 metri, oggi sono più che raddoppiate.

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