Ancora incertezze sulla tratta centrale della South Stream

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Con riferimento al gasdotto di collegamento che porterà il gas Russo attraverso la cosiddetta South Stream verso l’Europa, è stata resa nota la possibilità di interessare il territorio della Crimea recentemente annessosi alla Russia. Mosca avrebbe fatto trapelare una tale ipotesi, sollevando discussioni circa l’opportunità, ma sembrerebbe che sarebbero realizzati risparmi di oltre 20 miliardi di dollari, secondo le stime degli analisti. Il risparmio riguarda l’investimento a carico del Consorzio, che versa in difficoltà legali e finanziarie, composto da Gazprom (Russia) per il 50%, EDF (Francia) con il 15%, ENI (Italia) con il 20% e infine Wintershall (Germania). Insomma il futuro dei 2.400 km è ancora tutt’altro che chiaro, eppure la prima tratta è già commissionata e il lavori partiranno nell’estate del 2014. L’intera linea dovrebbe essere in servizio entro il 2019. Il consorzio sa che l’investimento potrebbe risultare meno profittevole del previsto a causa dei bassi consumi e per il lievitare dei costi a causa delle conseguenze legate all’entrata in vigore del Terzo Pacchetto Energia europeo. Questo nuovo scenario che prevederebbe un transito mare-terra-mare del gasdotto non sembra essere pura speculazione, anche perché la Crimea ha un potenziale stimato di 45 miliardi di metri cubi di gas, anche se in giacimenti di difficile operatività e ad alto rischio ambientale. Ad ogni modo si conferma l’attraversamento del Mar Nero per la South Stream, con il doppio vantaggio di aggirare l’Ucraina e di restare fuori dal territorio Russo. In realtà ora le alternative consolidate erano lo sbarco diretto in Bulgaria, a Varna, oppure attraversando prima un paese non UE ovvero la Turchia, nella regione del nord-est, in Tracia. La Turchia vede positivamente l’ipotesi di questa variante (aveva già stipulato un accordo per l’attraversamento delle sue acque territoriali) e ne trarrebbe anche il vantaggio infrastrutturale poiché vorrebbe alimentare le sue aree a maggior consumo. Infatti mentre è ormai assodato che lo sbocco della pipeline sarà attraverso l’Europa del Sud, in particolare coinvolgendo ovviamente Grecia e Italia, la tratta centrale ed est europea richiederebbe una razionalizzazione piuttosto in virtù dei fabbisogni di quelle regioni, rimaste scoperte dopo il naufragio del progetto Nabucco. Infatti la crisi Ucraina ha rafforzato la volontà dell’EU di ridurre la sua dipendenza dalla Russia e, per il momento, Ankara potrebbe sfruttare l’opportunità determinatasi a causa dei ritardi decisionali interni Europei, avendo un consumo interno da soddisfare in crescita. Inoltre Putin ha personalmente ammonito che se l’Ucraina non pagherà quanto deve la Russia sarà costretta ad interrompere le forniture, con evidenti ripercussioni sulle forniture dei paesi Europei.

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