Si acuisce la crisi del settore termoelettrico

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Si acuisce la crisi del settore termoelettrico italiano, che tra consumi deboli, sovra-capacità e “concorrenza” delle rinnovabili rischia, secondo l’allarme lanciato rischia di versare in una condizione di sofferenza per i nuovi impianti a ciclo combinato che ne minaccia la messa in “stato di conservazione”. Sarebbero infatti 19 gli impianti a rischio, per circa 15 GW di potenza, per cui è stato previsto in soccorso un emendamento del decreto sviluppo (il cosiddetto capacity payment), ossia la remunerazione degli impianti non solo per la produzione , ma anche per i servizi di dispacciamento che garantiscono grazie alla loro flessibilità. Anche Confindustria Energia aveva lanciato l’allarme (nel documento “contributo alla definizione della strategia energetica nazionale” redatto in collaborazione con Assoelettrica) lamentando che la crisi continua dei colci combinati, farà si che molti impianti effettivamente siano destinati a chiudere. C’è chi punta il dito sulle rinnovabili, ed è certo che il balzo della produzione da fotovoltaico registrato nel 2011 ha penalizzato il comparto (per la concorrenza a costo marginale nullo e con priorità di dispacciamento durante le ore diurne), ma che era già in grande crisi con uno spark spread crollato a 5,2 euro/MWh, già insufficiente a remunerare gli investimenti fatti. Quindi il problema è più capire perchè negli anni passati, quando si era in tempo per correggere il tiro della strategia energetica, non si è capito che realizzando tali impianti si sarebbe andati verso un overcapacity: sembra invece che la stessa Assoelettrica era a perfetta conoscenza del margine di riserva del parco elettrico che veniva considerato “adeguato” a cui comunque dal 2006 al 2011 ha visto aggiungersi nuove centrali. Ora il problema è capire come affrontare la questione, senza inutilmente frenare lo sviluppo verso le nuove tecnologie più sostenibili e l’efficientamento, che ragionevolmente dovrebbe impedire una consistente crescita della domanda anche sul lungo periodo: la domanda di energia elettrica non potrà crescere tanto da colmare l’eccesso di potenza installato. Una possibile alternativa è quella di ridurre al presenza sul mercato degli impianti più inquinanti a carbone.

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