La Cina e il monopolio delle Terre Rare

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Pechino decide di limitare le esportazioni di questi 17 elementi essenziali all’industria elettronica, di cui detiene ben il 97% della produzione mondiale. Infatti nelle miniere della Provincia di Jiangxi, la Cina produce quasi la totalità dei minerali cosiddetti “terre rare” circolanti nel mondo, e che rappresentano una risorsa imprescindibile, anche per il futuro dell’energetica. Nel marzo scorso gli Stati Uniti il Giappone e la UE hanno presentato un ricorso alla World Trade Organization (WTO) contro la Cina per le restrizioni che questa ha imposto alle esportazioni di questi minerali causando un consistente rialzo dei prezzi. Mentre si apre il tavolo delle trattative per cercare una soluzione commerciale, gli scienziati di tutto il mondo cercano ovviamente materiali alternativi, e nuovi depositi stanno per essere rintracciati in altre aree del mondo per neutralizzare il monopolio.La politica di riduzione dell’export, o meglio di limitazione all’attività estrattiva è giustificata da Pechino con l’esigenza di tutelare l’ambiente, ma ha fatto preoccupare non poco gli importatori: nel giro di 2-3 anni i prezzi di alcuni di questi elementi sono decuplicati. La scelta di ricorrere all’Organizzazione mondiale per il commercio appare tuttavia non giustificabile sotto il profilo dei prezzi che, benché cresciuti decisamente in alcuni casi, recentemente sono anche calate decisamente di prezzo, per effetto della crisi e dell’utilizzo di alcuni materiali sostitutivi: nel 2012 secondo Morgan Stanley il ribasso è dell’ordine del 25%. Inoltre, dati i tempi lunghissimi delle procedure d’infrazione alla WTO, la Cina rischia una condannata solo quando probabilmente non sarà più in condizione di monopolio: diverse miniere di terre rare saranno operative nel mondo a partire dal 2014-2015, e secondo alcuni analisti, l’offerta potrebbe addirittura superare la domanda a causa delle ridotte produzioni rispetto ai livelli pre-crisi. Il dubbio è che l’unico a guadagnarci, facendo la voce grossa con Pechino, sia il presidente Obama, in corsa per la rielezione.Secondo Stati Uniti, Giappone e Ue, le restrizioni sull’export di terre rare ed altre materie prime imposte dalla Cina violano gli impegni presi con il WTO e contribuiscono a distorcere i mercati globali, creando uno svantaggio competitivo per molte aziende e, benché già delle consultazioni del WTO stesso avevano invitato la Cina a rivedere le sue posizioni, non sono arrivati segnali in direzione di una loro abolizione.

La Cina anzi risponde considerando il ricorso al WTO un atto imprudente, definendo le accuse ingiusto e rischiose per la buona tenuta delle relazioni bilaterali. La linea difensiva di Pechino è molto semplice: sostiene che alcune di  queste terre rare saranno esaurite entro 20 anni se la Cina non ne limita lo sfruttamento eccessivo che va a danno del suo ambiente e delle sue risorse, cosa che potrebbe costituire un pericolo per l’intero pianeta. La restrizione cinese delle esportazioni delle terre rare non è contro alcun Paese specifico e non rappresenta alcuna sorta di protezionismo commerciale: nasce dal desiderio di proteggere l’ambiente e di sviluppare e sfruttare le risorse in maniera sostenibile. La Cina è inoltre preoccupata soprattutto per le sue relazioni con gli Stati Uniti, e sottolinea che mettere in pregiudizio i rapporti delle due più grandi economie del mondo è assai pericoloso, pertanto auspica di risolvere le controversie attraverso il dialogo, aprendo un tavolo, piuttosto che farne un problema internazionale. Secondo Ue, Usa e Giappone invece le quote cinesi sulle esportazioni di terre rare sono uno strumento di competizione sleale, favoriscono la Cina e provocano l’aumento dei prezzi dell’elettronica di consumo in tutto il mondo. La Cina ha pubblicato un libro bianco su questo tipo di industria estrattiva descrivendo le ragioni e le varie caratteristiche della sua politica di protezione per un utilizzo razionale e un commercio equo di queste risorse di grande valore per l’elettronica di consumo, per energie rinnovabili come l’eolico, per le batterie delle auto elettriche ed in generale strategiche appunto anche per la “green economy”. Il libro bianco, intitolato “Situazione e politiche dell’industria cinese delle terre rare”, è stato pubblicato dall’ufficio informazione del Consiglio degli affari di Stato (il governo centrale cinese) ed afferma che «La Cina continuerà a rispettare le regole del WTO, a rafforzare la gestione  scientifica  di questa industria ed a fornire le terre rare al mercato mondiale». La Cina quindi continuerà ad offrire le sue terre rare sul mercato mondiale, mantenendo allo stesso tempo delle politiche di  regolamentazione conformi alle regole del WTO e garantendo la sostenibilità ambientale dell’attività estrattiva: il rafforzamento delle regolamentazioni cinesi punta a proteggere l’ambiente ed a preservare queste risorse preziose oltre a promuovere lo sviluppo sostenibile del settore. Il governo riferisce inoltre che la tassa speciale introdotta per i produttori di terre rare, entrata in vigore il primo giugno scorso, è tesa al fine di combattere l’escavazione illegale, ma contemporaneamente pensa di istituire un meccanismo di acquisto delle riserve per limitare la fluttuazione dei prezzi delle terre rare.

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