Deposito Unico Nazionale: l’Europa chiede il sito

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Scaduto il tempo massimo, l’UE impone all’Italia entro l’anno di definire il sito per i circa 90 mila metri cubi di materiale radioattivo da stoccare e ancora il grosso del quantizzavo è distribuito in 23 siti sparsi in 11 regioni, lì dove si sono originati. Sebbene ancora lontani dall’essere compiute le dimissioni dei siti nucleari, il problema è diffuso a causa del proliferare delle sorgenti radioattive nei centri di ricerca, nelle industrie nella ricerca medica che appunto portano a lievitare le stime a 90 mila metri cubi. Insomma sarebbe molto logico dotarsi di un deposito nazionale in modo da concentrare e gestire al meglio il problema, ma dopo decenni di indugi ora va proprio fatto perché “lo chiede l’Europa”. Infatti il nuovo deposito dovrà essere operativo entro il 2025 e il sito dovrà essere definito entro la fine del 2014. La bozza dei criteri per la sua definizione c’è, anche se riservata, ma ora si attende la ricostituzione di un Agenzia che faccia da garante per il rispetto dei criteri. Il deposito dovrebbe costare 2,5 miliardi di euro, protetto rispetto alle falde acquifere e possibili infiltrazioni (lontano dal mare e dai corsi d’acqua), non potrà essere collocato nelle vicinanze di aree densamente popolate e con il più basso livello di sismicità, ben collegato e collegabile dalle reti di trasporto.

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